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mercoledì 9 ottobre 2013

Roberto Bonfanti intervistato da Cristina Biolcati per "scritturati"

INCONTRO CON ROBERTO BONFANTI
a cura di Cristina Biolcati

A “Scritturati” siamo lieti di presentarvi Roberto Bonfanti, nato a Vinci in provincia di Firenze. Su Lulu.com ha già pubblicato tre libri: “La vita è dura nei dettagli”, “Cose che si rompono”, e l’ultimo, di recente uscita “Storie di ordinaria fonia”. La particolarità di questo autore è che, oltre a scrivere, egli di mestiere fa il tecnico audio nel settore dello spettacolo. Nell’ultima sua opera, ha tratto ispirazione proprio da questa sua singolare attività, al fine di dare vita ad una serie di racconti basati su aneddoti di fatti realmente accaduti. Abbiamo chiesto a Roberto di raccontarci un po’ del suo lavoro, dei suoi scritti e della sua vita, e lui ha accettato con molta disponibilità.


Ciao Roberto e benvenuto. So che quella per la scrittura è proprio una passione forte e ben radicata in te. Tu scrivi non solo racconti, ma anche poesie e riflessioni. Vuoi parlarci di questa tua attività, forse meno nota al pubblico? Quando hai scoperto di voler scrivere?
Fin da ragazzo sono stato affascinato dai libri, dalla lettura, a un certo punto ho sentito il bisogno di esprimermi scrivendo. Ho iniziato un po’ come fanno tutti, con raccontini, poesie, pensieri e così via. Nel 1994 ho raccolto le cose che avevo da parte in un volumetto, stampandolo in modo molto amatoriale, poco più che un gadget da regalare agli amici. Successivamente ho continuato a scrivere, è una passione che non mi ha mai abbandonato, ma è solo negli ultimi anni che ho sviluppato una maggiore capacità nell’organizzare le mie idee in una forma più compiuta, è da quel momento che sono nati i romanzi e le raccolte di racconti. La decisione di pubblicare le mie opere è recentissima, di pochi mesi fa.

Oltre che scrittore, nella vita sei un tecnico audio e lavori nel mondo dello spettacolo. In che cosa consiste, esattamente, questo mestiere?
Io sono quello che quando c’è il concerto arriva prima di tutti gli altri, allestisce l’impianto audio, fa i collegamenti, segue le prove dei musicisti, regola i suoni, durante lo spettacolo sta dietro al mixer, poi smonta tutto quanto e se ne va a casa a notte fonda. È un mestiere faticoso ma che ogni tanto regala delle belle soddisfazioni. Talvolta ho la fortuna di lavorare con musicisti straordinari e, nel mio piccolo, contribuisco a far ascoltare alla gente tanta bella musica dal vivo. Nella mia professione, oltre alle conoscenze tecniche e all’esperienza, servono la capacità di comprendere le esigenze degli artisti, l’attitudine a risolvere velocemente i problemi e anche una certa dose di psicologia spicciola. Devo dire che negli ultimi anni ho lavorato come tecnico molto più spesso nell’ambito teatrale che nei concerti, e anche lì ce ne sarebbero di cose da raccontare…


Proprio da esperienze realmente vissute nell’ambito del tuo lavoro, hai avuto l’idea di scrivere il tuo ultimo libro: “Storie di ordinaria fonia”. Se non sbaglio, il titolo riprende l’opera di Charles Bukowski “Storie di ordinaria follia”, in cui l’autore ha raccolto vari racconti, ispirati agli avvenimenti della sua rocambolesca vita. Di cosa parla il tuo libro, Roberto?
Sì, il titolo gioca con il libro del grande Bukowski, anche il mio è una raccolta di racconti, ma le analogie si fermano qui. L’idea di scriverlo me l’ha data un amico, parlando degli aneddoti raccolti nella mia ormai quasi ventennale carriera di fonico, o “sound engineer”, se proprio voglio darmi un tono. Sono cose che mi sono realmente successe e che ho voluto raccontare con un pizzico di ironia. Le dinamiche fra addetti ai lavori nel mondo della musica, e dello spettacolo in genere, spesso generano degli episodi singolari o bizzarri, in questi anni ne ho viste veramente di tutti i colori, come si suol dire. Ho ripescato nella mia memoria le vicende che mi sembravano più degne di essere ricordate e le ho messe nero su bianco. Si va dalla cantante jazz che fa la primadonna bizzosa, alla maratona rock con decine di gruppi, all’amico del batterista che è venuto a sentire il concerto e mi da consigli su come devo regolare il suono. Ho diversi amici musicisti che l’hanno trovato divertente e in qualche caso si sono riconosciuti nelle situazioni descritte. Non è però un libro solo per gli addetti ai lavori, ho cercato di usare un linguaggio poco tecnico e, quando ce n’è stato bisogno, ho messo delle note esplicative a piè di pagina. Chiunque lo può leggere, si parla principalmente di rapporti fra persone.

Sei alla tua terza pubblicazione. Vuoi parlarci in breve, anche degli altri tuoi due libri? Ho sentito parlare di una certa “trilogia mancata”, o meglio, non ancora del tutto costituita. Corrisponde a verità questa notizia?
Ho scritto quasi di getto, nel 2010, “La vita è dura nei dettagli”, nelle mie intenzioni doveva essere un racconto, poi si è evoluto in un romanzo vero e proprio. Nel 2011 ho ripreso in mano i miei personaggi, anche la loro “vita” era andata avanti, ho sentito l’impulso di raccontare le loro nuove vicende e ne è venuto fuori “Cose che si rompono”. Adesso sto scrivendo il terzo capitolo della saga, forse il più difficile e faticoso, dal punto di vista dello scrittore. Mi sono riproposto di concludere le trame che erano rimaste incompiute nei primi due libri. Sono storie che anch’io ho difficoltà a catalogare in un genere, ci sono degli elementi del thriller urbano e del romanzo di formazione. Parlano di persone comuni alle quali capita qualcosa di particolare, che cambia la prospettiva della vita che hanno vissuto fino a quel momento e che influenza le loro scelte sul futuro.

Tu hai scelto il self publishing per le tue opere. Quali difficoltà stai riscontrando, in seguito proprio a questa scelta? E se ne hai notati, vuoi parlarci di quelli che invece sono i punti a favore?
Credo che oggi, per un autore esordiente, l’autopubblicazione sia una strada quasi obbligata. Sospetto che ci siano valanghe di manoscritti che ogni giorno intasino le cassette della posta e le email delle case editrici, in mezzo a questo fiume di pagine ritengo sia oggettivamente difficile scegliere l’opera di uno sconosciuto su cui investire. C’è da dire che, grazie al web, è molto facile pubblicare i propri libri, basta scegliere un sito di print on demand come ho fatto io e, a costo praticamente zero, il gioco è fatto. Poi viene il problema di far conoscere la proprie cose. È questa la difficoltà del self publishing: fare una promozione efficace. Io mi sono affacciato da poco su questo mondo, ho scoperto un universo che neanche immaginavo, ci sono migliaia di scrittori, alcuni anche molto bravi, che fanno fatica ad emergere ed essere apprezzati. Io promuovo i miei libri tramite i social network e alcuni blog, ho realizzato un mio sito, distribuisco personalmente un po’ di copie, mi sembra che qualche riscontro positivo ci sia. Comunque, fra la crisi economica e la carenza di lettori non c’è molto da stare allegri. Penso anche che il modo di fruire il libro stia cambiando, per esempio non sottovaluterei il fenomeno relativamente nuovo degli ebook, un mercato che, secondo me, crescerà molto in futuro. Ho pubblicato anche in quel formato, forse quella può essere una via da praticare per gli scrittori esordienti.

C’è un’opera, oppure uno scrittore in particolare ai quali ti ispiri nei tuoi scritti? Bukowski a parte, s’intende!
Per quelli della mia generazione Bukowski è stato una grande scoperta, il primo autore che ci raccontava la società statunitense con le parole dei “losers”, degli emarginati, che ci mostrava il lato oscuro del sogno americano. Detto questo, sono un lettore vorace e onnivoro, mi piace spaziare tra i generi, amo i classici della letteratura come gli autori contemporanei. Così, a braccio: Calvino, Eco, Màrquez, Wu Ming, Bulgakov, quel gran capolavoro di Radiguet, “Il diavolo in corpo”, il garbo e l’ironia delle storie un po’ retrò di Andrea Vitali. Per quanto riguarda la scrittura direi che mi sento affine a Palahniuk, non tanto nei contenuti, i suoi sono piuttosto estremi, quanto nella forma, fatta di periodi brevi e immediati, di parole chiave che ogni tanto ritornano a dare ritmo al racconto. È uno stile in cui mi riconosco, fatte le dovute proporzioni, ovviamente. 

A chi dedichi i tuoi successi, Roberto?
Probabilmente è presto per parlare di successi! Comunque vorrei ricordare tutti quelli che, con pazienza e passione, mi hanno trasmesso le loro conoscenze nel campo lavorativo. Poi un grazie doveroso va alla mia compagna, è lei che mi ha incitato a pubblicare le mie opere ed anche molto più attiva di me nel fare promozione.
        
Come è consuetudine di Scritturati, nel congedarci dall’autore, gli chiediamo di lasciare un omaggio ai lettori. Che cosa hai pensato per noi, Roberto?....
Grazie per lo spazio che mi avete concesso e per salutare i lettori di Scritturati vi propongo un breve passaggio tratto da un racconto contenuto in “Storie di ordinaria fonia”:

È la domenica prima di Natale, fa piuttosto freddo e il cielo è coperto da nuvole bianche uniformi, tempo da neve. Nel tardo pomeriggio è previsto un concerto gospel con il coro di Eliah. Ormai lo conosco bene, so come vuole sistemarsi sul palco: i cantanti a semicerchio al centro, lui al piano elettrico a sinistra, quindi dico a Luca, il mio collega, di piazzare i microfoni e i monitor in quella configurazione.
Quando Eliah arriva lo saluto e gli mostro la disposizione del palco: “Allora, come sempre, ti abbiamo messo il piano e il microfono a sinistra, va bene?”
“Per me non c’è nessun problema, Roberto. Sinistra, destra, è uguale. Vado là.” Risponde, indicando a destra.
“Ah, certo... ma, di solito, ti metti a sinistra...”
“Come ho detto, per me fa lo stesso, sinistra o destra, non c’è problema. Sì, va bene lì.” Continua ad indicare il lato opposto del palco.
“Ok. Luca, dai, spostiamo questa spia, l’asta del microfono e il piano.”
Appena riposizionato tutto iniziano le prove. Dopo un paio di minuti Eliah, parlando al microfono mi dice: “Sai, Roberto, forse è meglio a sinistra. È possibile spostare il piano?”
Chiudo i canali sul mixer e torniamo sul palco. Con questo freddo un po’ di movimento è quello che ci vuole.
“Sinistra, destra, per me è uguale, non c’è problema...” borbotta Luca, scuotendo la testa.



Ringraziamo Roberto per questa interessante e divertente chiacchierata, e gli facciamo un grandissimo in bocca al lupo per tutto!


1 commento:

  1. di questo autore ho letto storie di ordinaria fonia e cose che si rompono,mi piace il suo stile di scrittura che trovo molto scorrevole e brillante.

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